Sebastião Salgado, “Amazônia”

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La mostra fotografica in esclusiva in Italia presso il MAXXI, Roma

Sofia Bucci

Sebastião Salgado (1944, Brasile), fotoreporter umanista. I suoi lavori esposti in tutti il mondo, vincitore del World Press Photo (1985) e di numerosissimi premi internazionali, fanno di lui uno dei grandi maestri della fotografia contemporanea. Conosciuto per i grandi progetti come “Africa”, “Exodus. In cammino sulle strade delle migrazioni”, “Genesi” e il film candidato all’Oscar “Il sale della terra”, presenta il suo ultimo lavoro “Amazônia” presso il MAXXI di Roma.

La prima parte della mostra tra visioni aeree e tempeste tropicali

La mostra, visitabile fino al 28 agosto 2022, è composta da più di duecento fotografie ed è divisa in due grandi parti. Nella prima le fotografie sono organizzate per ambientazione paesaggistica con sezioni che vanno dalla foresta vista dall’alto alle tempeste tropicali e alle “Isole nella corrente”, il più grande arcipelago di acqua dolce al mondo conosciuto come arcipelago di Anavilhanas, caratterizzato da isole dalle forme più disparate che emergono dalle acque del Rio Negro. Accanto a filmati e video, le immagini rivelano un labirinto di tortuosi affluenti che alimentano fiumi immensi, montagne che raggiungono 3.000 metri come il monte sacro Roraima, cieli carichi di nuvole ove in cui si creano veri e propri fiumi detti “volanti”. Questa prima parte esposta su muri antracite e nel pieno corridoio, appesi al soffitto e calati con dei fili trasparenti a diverse altezze e di diverso formato.

All’interno delle ocas, la storia delle popolazioni indigene

Nella seconda parte della mostra incontriamo fotografie dei popoli indigeni: gli intensi legami familiari, la caccia e la pesca, la preparazione e la condivisione dei pasti, i capi spirituali, le danze, i rituali, il rapporto con la terra. I filmati che accompagnano le foto permettono di ascoltarne le voci, di conoscere la filosofia e la ricchezza delle loro culture. Per visitare ciò sono stati costruiti appositamente dei pannelli circolati color mattone, che richiamano le ocas, le tradizionali abitazioni dei popoli dell’Amazzonia. Le popolazioni ritratte sono: Xingu, Awá-Guajá, Zo’è, Suruwahá, Yawanawá, Marubo, Asháninka, Korubo, Yanomami, Macuxi.

Le sale di proiezione

Sono parte integrante dell’esposizione due sale di proiezione dedicate a due temi differenti: in una è mostrato il paesaggio boschivo, le cui immagini scorrono accompagnate dal suono del poema sinfonico Erosão, opera del compositore brasiliano Heitor Villa-Lobos (1887 – 1959); nell’altra sono esposti alcuni ritratti di donne e uomini indigeni con in sottofondo una musica appositamente composta dal musicista brasiliano Rodolfo Stroeter.

Un viaggio evocativo grazie all’allestimento

L’intera mostra fotografica è quasi totalmente al buio, le fotografie sono direttamente illuminate da fonti luminose del museo come i raggi solari che attraversano i rami degli alberi nella foresta. L’idea e la sensazione che Salgado e la sua compagna di vita, curatrice della mostra Lélia Deluiz Wanick Salgado vogliono trasmettere è quella di entrare direttamente nel cuore del cosiddetto Inferno Verde, di visitare ed espletare tutte le caratteristiche che lo compongono. Un viaggio reso ancor più coinvolgente dalla colonna sonora realizzata dal compositore francese Jean-Michel Jarre, intrisa di suoni naturali: versi di animali, fruscii del vento e acqua scrosciante.

 

Il connubio tra etica ed estetica come messaggio di sensibilizzazione per la salvaguardia della più grande foresta pluviale del mondo.

 

Oltre ad immergersi nell’Amazzonia per conoscerla in toto, l’occhio è puntato su un aspetto fondamentale come la salvaguardia dell’ambiente e il grandissimo problema della deforestazione e dell’estinzione. L’obiettivo è la sensibilizzazione dell’opinione pubblica nei confronti di un’immensa terra devastata. Da molti anni Salgado e sua moglie portano avanti un grande impegno nella difesa dell’ambiente che si è concretizzato nella fondazione dell’Istituto Terra nello stato del Minas Gerais e nell’obiettivo di ripiantare quattro milioni di alberi in terre nelle quali l’ecosistema era stato. L’evoluzione del progetto ha portato alla nascita del Centro per l’educazione e il restauro ambientale che propone un approccio ecosostenibile come unica via per salvare la Terra.

Sebastião Salgado ci dona un reportage, sunto di sette anni di lavoro ed esperienza umana, con una visione monumentale che si trasforma progressivamente in un grido d’allarme. Un’opera completamente in bianco e nero, caratteristica di tutti i suoi lavori, che ci porta all’interno di un mondo riflesso e riflessivo con grandi richiami e metafore. Tra visioni complementari che richiamano le macchie di Rorschach con cui decifrare il mondo interiore e tempeste tropicali che ricordano il nucleare di Hiroshima. La potenza e la distruzione, il dolore della grande ferita del polmone verde.

Il percorso della mostra richiama una SPA, ovvero il percorso di benessere, che deriva dalla locuzione latina Salus Per Aquam (la salute grazie all’acqua). Proprio come l’acqua che, scaturita da fonti lontane fa il suo tragitto e ci disseta a valle, allo stesso modo le fotografie che Salgado ha pensato e trasmesso nutrono la nostra anima con sorsi di bellezza.

Foto: Sofia Bucci

 

Last modified: Novembre 3, 2022