Alla scoperta del Sator di Valvisciolo

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L’abbazia di Valvisciolo, il Sator e la leggenda dei Templari

Sofia Bucci

Il nome dell’Abbazia di Valvisciolo, sita nel comune di Sermoneta, deriverebbe dal luogo dove sorge: la Valle delle Visciole o come da tradizione medievale dell’Usignolo (in latino’Vallis Lusciniae). Edificata in rigoroso stile romanico-gotico-cistercense è uno dei massimi capolavori del genere della provincia di Latina dopo l’abbazia di Fossanova. La tradizione vuole che questa abbazia sia stata fondata nel XII secolo da monaci greci e sia stata occupata e restaurata dai Templari nel XIII secolo. Quando nel XIV secolo questo ordine venne disciolto subentrarono i Cistercensi.

 

La leggenda dei Templari.

 

A questa abbazia è legata una leggenda medioevale, dove si narra che nel 1314, quando venne posto al rogo l’ultimo Gran Maestro Templare, Jacques de Molay gli architravi delle chiese si spezzarono. Ancora oggi, osservando attentamente l’architrave del portale principale dell’abbazia, si riesce a intravedere una crepa. Gli indizi della presenza Templare sono costituiti da alcune caratteristiche croci: nel primo gradone del pavimento della chiesa, nel soffitto del chiostro e quella più famosa di tutte scolpita nella parte sinistra dell’occhio centrale del rosone, venuta alla luce nei restauri di inizio secolo.

Nel 1411 l’abbazia fu ceduta in commenda a Paolo Caetani. Nel 1523 fu declassata da papa Clemente VII a priorato semplice. Nel 1529 fu ridotta a priorato secolare. Tra il 1600 e il 1605 fu abitata dai cistercensi della congregazione dei Foglianti fino al 1619. Tra il 1619 e il 1635 l’abbazia fu abitata dai Minimi di san Francesco di Paola. Tornarono nuovamente i Foglianti che l’abitarono fino alla Soppressione degli Ordini religiosi voluta da Napoleone Bonaparte. Ora l’abbazia continua ad essere abitata dai monaci cistercensi della congregazione di Casamari.

 

Il SATOR circolare, un unicum al mondo.

 

Tra tutti i simboli presenti nei vari locali dell’Abbazia di Valvisciolo, è senza dubbio il Sator quello più rilevante.  In tempi recenti, sul lato occidentale del chiostro, abbattendo un muro posticcio, sono venute alla luce, graffite sull’intonaco originale, le cinque famose parole del magico palindromo: SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS, con la variante, sinora un unicum, che le venticinque lettere sono disposte in cinque anelli circolari concentrici, ognuno dei quali diviso in cinque settori, in modo da formare una figura simile ad un bersaglio e a una ragnatela.

Il Sator di Valvisciolo costituisce un esemplare unico al mondo, giacché in esso al crittogramma è unita la simbologia delle linee concentriche (curve o rette), propria dei misteriosi “reticoli celtici”. Una particolarità, questa, che dunque parrebbe idealmente attestare il legame tra la triplice cinta e il Sator. Le lettere iniziali delle parole che formano il testo del celebre “quadrato magico”, qui sono infatti inserite in un cerchio suddiviso da cinque anelli concentrici e da una sorta di stella a cinque punte, che a sua volta delimita un settore per ogni parola. Attorno all’iscrizione, sono inoltre visibili enigmatiche scritte in antichi caratteri onciali ed altri accenni di segni simili in un cerchio più piccolo. È interessante infine notare come sulla stessa parete ove è graffito il Sator siano presenti (qualche metro sulla sinistra e sempre su tracce d’intonaco) numerosi esempi di “Nodo di Salomone” (metafora del cammino esoterico verso la conoscenza di sé e verso la Verità) e persino un Centro Sacro (o Omphalos) in una variante “complessa” ed “insolita” (al posto del quadrato si vede un rettangolo con sviluppo verticale, formato da venti piccoli quadrati semplici e con rette oblique interne tracciate in maniera piuttosto irregolare). L’Omphalos, ritenuto affine alla triplice cinta ma più raro, rappresenta la metafora dei valori di “giustizia” e di “equilibrio”. Questi, nell’ambito della dottrina misteriosofica templare, costituivano acquisizioni fondamentali lungo il cammino di auto-perfezionamento e di conoscenza di sé. L’Abbazia di Valvisciolo conserva dunque un vero e proprio “campionario” di quella simbologia sacra che è comunemente ricondotta all’Ordine del Tempio. Tuttavia, la qualità spesso abbastanza approssimativa della maggior parte dei simboli rilevabili, la loro evidente non-monumentalità (e cioè il fatto che tali segni non siano elementi “progettati” nel contesto dell’Abbazia, fatta eccezione ovviamente per la “Stella Polare” e i “Nodi di Salomone” della Sala Capitolare), e anzi la sensazione che siano stati tracciati quasi di nascosto (lo testimoniano quelli incompleti), fanno pensare o ad un messaggio metaforico (oggi andato perduto), diffuso nella devozione di pellegrini in una situazione di analfabetismo generalizzato, oppure ancora, e più plausibilmente, ad una sorta di “codice segreto” pertinente alla volontà di alcuni visitatori di lasciare la traccia di un sapere riservato a pochi “eletti”. Qualunque sia la verità, non si può tuttavia attribuire con certezza il Sator e gli altri simboli di Valvisciolo al periodo di frequentazione templare di questi luoghi, vale a dire, approssimativamente, tra il XII e il XIII secolo: la loro paternità rimane tutt’oggi sconosciuta.

 

Il significato del SATOR, il quadrato magico.

 

Sator è la prima parola dell’omonimo palindromo, costituito dalle cinque parole SATOR – AREPO – TENET – OPERA – ROTAS, ritrovato sia in forma di quadrato che in forma radiale o circolare su molti reperti archeologici in Europa e in Italia, le cui prime tracce risalgono a oltre 2000 anni fa. Essendo formato da parole di cinque lettere ciascuna, è possibile scrivere la frase entro un quadrato di venticinque caselle, che rimane leggibile dall’alto, dal basso, da destra e da sinistra.

L’enigma del quadrato di Sator è stato oggetto di molteplici interpretazioni; tuttavia, ancora oggi alcuni ritengono che esso custodisca un significato nascosto. Proprio la molteplicità dei luoghi e dei testi in cui ritorna ne hanno resa particolarmente controversa l’interpretazione, soprattutto perché il termine AREPO, in esso contenuto, risulterebbe non strettamente di origine latina, e indicherebbe probabilmente un tipo di carro in uso presso le popolazioni galliche. Difficile quindi stabilire il significato letterale della frase. Ad esempio, se si leggesse il palindromo da sinistra verso destra, si otterrebbe la frase SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS, che secondo una prima interpretazione potrebbe tradursi con: Il seminatore, col suo carro, tiene con cura le ruote. Il termine AREPO potrebbe essere l’acronimo di Aeternus Rex Excelsus Pater Omnipotens (Eterno re eccelso, Padre Onnipotente), per cui l’interpretazione sarebbe quella di un simbolo cristiano.

Un’interpretazione più recente vedrebbe nel palindromo un significato astronomico o cosmologico, e pertanto la traduzione sarebbe Il Creatore con il carro tiene in moto le orbite. Tale interpretazione risulterebbe coerente con il modello di universo accettato nel basso Medioevo, che identificherebbe con la figura del Sator-Creatore il motore ultimo dell’universo.

Viceversa, se si leggesse il palindromo cambiando verso di percorrenza alla fine di ogni riga o di ogni colonna, si otterrebbe la frase SATOR OPERA TENET AREPO ROTAS, in cui il termine SATOR indicherebbe il SEMINATORE, AREPO rappresenterebbe una contrazione di AREOPAGO (nel significato di tribunale supremo), e il palindromo potrebbe essere tradotto con: Il seminatore decide i suoi lavori quotidiani, ma il tribunale supremo decide il suo destino; tale interpretazione attribuirebbe pertanto un significato morale al quadrato magico secondo cui: L’uomo decide le sue azioni quotidiane, ma soltanto Dio decide il suo destino.

Inoltre, tra gli innumerevoli anagrammi di SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS, vi è PATER NOSTER, ove rimangono fuori le due lettere A e O ovvero l’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine.

Foto di Sofia Bucci

 

Last modified: Gennaio 13, 2023