IL SILENZIO DELLA ROCCA

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Sembra un borgo qualunque e invece, nella parte più vecchia di Rocca Massima, si ode l’eco dell’anima

di Alessandro Casale

I numeri dicono che d’estate i suoi abitanti raddoppiano la conta passando da un migliaio di anime a quasi duemila. Sarà per questo che approfittiamo di un sabato di fine inverno che sembra già primavera per salire sulle pendici che lo ospitano. Per chi viene da Velletri e dai posti che si affacciano sulla medesima vallata, questo piccolo borgo in provincia di Latina, è semplicemente la Rocca, per tutti gli altri Rocca Massima. Forse perché dalle colline circostanti, quel piccolo agglomerato di casupole, fa parte del panorama che in ogni istante che scandisce la giornata si può ammirare volgendo lo sguardo verso la dorsale dei monti Lepini. Dunque è familiare. E’ così rimpicciolito dai suoi 735 metri sul livello del mare che sembra più distante di quanto, la forbice che va dai venti minuti alla mezz’ora che trascorre per raggiungerlo, partendo dagli ultimi Comuni a sud della provincia di Roma, in realtà fa scoprire con meraviglia. Se si pensa che in quel breve lasso di tempo si passa anche da una provincia all’altra la meraviglia è doppia. Nulla in confronto allo stupore che si prova quando diventa evidente il passaggio di dimensione: dal rumore delle città al silenzio della Rocca. Insomma ciò che sembra assurdo è il fatto di avere sempre lì a portata di sguardo un luogo così distante dalla routinaria quotidianità e non accorgersene.


Lungo i tornanti che si snodano tra i versanti coltivati esclusivamente a ulivi, se si è fortunati, alzando lo sguardo, è possibile ammirare il falco pellegrino

Lungo i tornanti che si snodano tra i versanti coltivati esclusivamente a ulivi, se si è fortunati, alzando lo sguardo, è possibile ammirare il falco pellegrino. Ne notiamo ben tre di cui uno, dapprima appollaiato sul filo di un palo della luce, disturbato dalla nostra intenzione di fotografarlo, si alza in volo fino a raggiungere gli altri due ad una altezza ragguardevole. Appena si arriva nel centro abitato appare subito evidente che qualcosa non torna. La desolazione è innaturale anche per le sole mille anime che lo popolano. Sapere che gran parte degli abitanti risiede nella frazione Boschetto che si trova alle pendici del monte Massimo ci chiarisce, almeno in parte, l’origine di una atmosfera così surreale. Qualche ragazzino che gioca sullo slargo che si affaccia sull’ultimo tortuoso tratto di strada che abbiamo appena percorso e su un panorama che è il primo assaggio di quell’immensità che si può osservare sul versante opposto, alcuni turisti della domenica (anche se è sabato) e un grande leccio che segna il crocevia che cambierà la nostra giornata. Da lì, dopo una breve roulette delle direzioni possibili, percorriamo la strada a nord che ci suggerisce la visuale migliore sulla vallata. In effetti, appena percorsa la breve salita che porta alla strada che abbraccia il borghetto, mentre sulla destra campeggia l’arroccamento delle case sul cucuzzolo, dall’altra parte si apre via via la grande bellezza di una vista che domina lo sguardo fino al mare. Lo sanno bene i rocchiggiani che in quel punto hanno terrazzato un belvedere, proprio sopra la partenza del Flying In The Sky che qui non si chiama volo dell’angelo ma del falco pellegrino e che ha fatto conoscere la Rocca fuori dai confini nazionali. Saliamo una scalinata molto ripida in cima alla quale si affaccia una locanda che avevamo intravisto mentre andavamo spediti verso quel panorama alla ricerca di appagamento per i nostri occhi, alla ricerca, stavolta, di appagamento per i nostri palati. Lo otteniamo ad un costo comprensibilmente medio per una cucina ricercata. Da questo momento in poi tutto il resto è sembrato noia (si fa per dire). Forse perché appagati negli occhi e nel palato, la scoperta della parte vecchia del borgo ci riserva una continua sorpresa.


Tra i vicoletti si scoprono caratteristici portoni cesellati nel legno, targhe in ceramica che indicano le storiche botteghe oramai scomparse e la Postierla, da dove si poteva fuggire una persona alla volta

Mentre ci addentriamo nei vicoletti, tra i portoni storici cesellati nel legno e recuperati ai segni del tempo, la caratteristica Postierla, via di fuga che consente il passaggio di una persona alla volta, le mattonelle in ceramica che, come pietre miliari di quella che fu la vitalità della parte vecchia della Rocca, recitano i nomi e le mansioni dei bottegai che occupavano i locali dove sono affisse, ciò che inaspettatamente si impadronisce di noi è un senso di abbandono che si respira tutto intorno. Molte case sono disabitate, altre diroccate, segno che l’esodo verso il Boschetto ha penalizzato la vivacità della parte più alta del centro abitato che si è lasciato pervadere da un silenzio innaturale. Più volte ci soffermiamo per averne maggiore consapevolezza, come se ci trovassimo di fronte a qualcosa che non conosciamo. E così è, abituati a riempire l’aria con i rumori vibranti che fuoriescono dalle nostre bocche per proferire parole delle quali troppo spesso potremmo fare a meno. Eppure la presenza degli abitanti si ode ma sembra lontana e offre l’occasione per dare maggior valore al silenzio che ne prende il posto. Capiamo che ciò che rende questo fenomeno così godibile è l’assoluta assenza del brusio, dei rumori di sottofondo che invadono l’aria delle nostre città e che, senza rendercene conto, abbiamo imparato a chiamare, impropriamente, silenzio, mentre si tratta di banale assenza di rumore. Continuando a vagare, oramai guidati dai timpani più che dagli occhi, ipnotizzati da una dimensione riscoperta che sembra venire da un passato che si perde in ricordi ancestrali, raggiungiamo il fulcro di questa acustica nirvanica. Dietro vicolo dell’Arco Scuro di apre una piazzetta con tre panchine, una per ciascun lato contrapposto, che sembrano stare lì in attesa dell’arrivo dei pochi eletti che, in quel punto unico, arrivano guidati come da un ultrasonico canto delle sirene e, su di esse, possono stazionare alla riscoperta di ciò che non si sente ma che lì, proprio lì, dentro di noi, si può cominciare finalmente ad ascoltare.

Last modified: Aprile 2, 2023