Ricordata oggi come simbolo della resistenza alla violenza e dell’ingiustizia subita da chi non ha voce, Beatrice e il suo tagico destino continuano a parlare, con forza, alla nostra coscienza a distanza di secoli
di Gabriele Rosatelli
La vicenda di Beatrice Cenci, giovane nobildonna romana vissuta nel XVI secolo, è una delle storie più tragiche e controverse della storia italiana. Tra abusi, omicidio e condanna capitale, il suo nome è diventato simbolo di una giustizia cieca, di una ribellione disperata e, per molti, di un martirio innocente. Beatrice nacque a Roma il 6 febbraio 1577, figlia di Francesco Cenci, un nobile romano noto per la sua crudeltà e per la sua condotta violenta e dissolutezza. Fin dalla giovane età, Beatrice visse in un clima familiare opprimente. Le testimonianze del tempo — molte delle quali provenienti da fonti giudiziarie — dipingono Francesco Cenci come un uomo brutale, violento, e sospettato di aver abusato fisicamente e sessualmente dei suoi figli.
Tra abusi, omicidio e condanna capitale, il suo nome è diventato simbolo di una giustizia cieca, di una ribellione disperata e, per molti, di un martirio innocente
Nel 1598, con l’aiuto della matrigna Lucrezia Petroni e del fratello Giacomo, Beatrice partecipò alla pianificazione e all’esecuzione dell’omicidio del padre, avvenuto nella loro residenza estiva a Petrella Salto, località sotto la giurisdizione dello Stato pontificio. Il corpo fu gettato da una finestra per simulare un incidente. Il tentativo di insabbiamento, tuttavia, fallì. Le autorità papali, insospettite, avviarono un’indagine approfondita e l’intera famiglia fu arrestata, torturata e infine processata. Nonostante le sofferenze patite e le evidenti motivazioni legate all’autodifesa e all’abuso, Papa Clemente VIII fu irremovibile nel voler affermare la supremazia della legge.
Nel 1598, con l’aiuto della matrigna Lucrezia Petroni e del fratello Giacomo, Beatrice partecipò alla pianificazione e all’esecuzione dell’omicidio del padre, avvenuto nella loro residenza estiva a Petrella Salto
Beatrice Cenci fu condannata a morte insieme al fratello Giacomo e alla matrigna Lucrezia. L’esecuzione ebbe luogo l’11 settembre 1599 a Ponte Sant’Angelo, davanti a una folla immensa. La giovane vita di Beatrice, appena ventiduenne, venne interrotta dalla pena per decapitazione, ma il suo coraggio e la sua bellezza colpirono profondamente l’immaginario collettivo romano, tanto da riecheggiare nei secoli e giungere fino a noi.
Dopo la morte, infatti, Beatrice divenne un’icona della lotta contro l’oppressione. La sua figura ha ispirato poeti, scrittori e artisti: Percy Bysshe Shelley le dedicò una tragedia in versi (“The Cenci”, 1819), e anche Stendhal e Antonin Artaud rielaborarono la sua storia. I racconti popolari sostengono che il fantasma di Beatrice appaia ancora ogni anno, nella notte tra il 10 e l’11 settembre, sul ponte dove fu giustiziata.
Dopo la morte, infatti, Beatrice divenne un’icona della lotta contro l’oppressione. La sua figura ha ispirato poeti, scrittori e artisti: Percy Bysshe Shelley le dedicò una tragedia in versi (“The Cenci”, 1819), e anche Stendhal e Antonin Artaud rielaborarono la sua storia
Beatrice Cenci non fu solo una giovane nobile coinvolta in un delitto efferato. Fu, soprattutto, una vittima di un sistema patriarcale e corrotto, che negava alle donne qualsiasi possibilità di protezione o giustizia. Il suo nome è sopravvissuto ai secoli non per il crimine che commise, ma per il dolore che subì e per il coraggio con cui affrontò il proprio destino.
Last modified: Giugno 13, 2025