IL CUORE DELLA COMUNITA’ VENETOPONTINA DI BORGO HERMADA

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Gorizia e Nova Gorica Capitali Europee della Cultura 2025: cosa ne pensano i friulani della Pianura Pontina? A Borgo Hermada sopravvive ancora un bellissimo spirito di appartenenza, vero tesoro di una tradizione che lentamente va esaurendosi

di Gabriele Rosatelli

Una soleggiata mattina d’estate, sullo sfondo il promontorio del Circeo. Ad accogliermi tra le strade di Borgo Hermada il gentile Oreste che, dopo una breve presentazione, mi accompagna da un’allegra brigata di venetopontini in attesa al bar della cittadina. Risate, battute e buon umore, fanno da sfondo ad un’interessante chiacchierata, nel corso della quale affrontiamo diversi temi che riguardano questa viva e fervente comunità. Tra i preziosi racconti, fondamentale nell’ottica del progetto #Oltreconfine, portato avanti da Intorno in occasione di Gorizia e Nova Gorica Capitali Europee della Cultura 2025, la testimonianza di Renato Ventoruzzo, pietra miliare e cuore pulsante della comunità friulana di Borgo Hermada.

Buongiorno Renato, grazie per essere qui con noi e per aiutarci a raccontare la storia delle comunità venetopontine di Borgo Hermada.
Grazie a voi, per questa bella opportunità.

Come sono strutturate le comunità friulane nella pianura pontina?
Ci sono varie comunità strutturate, caratterizzate nel tempo con una vera e propria identità e collaudate negli anni. Gorizia ancora oggi, per noi, è considerata la città sacra, martoriata a più riprese e crocevia di guerra e sofferenze. Qui a Borgo Hermada, insieme al comune di Terracina, abbiamo un rapporto speciale con Duino Aurisina, città con la quale è stato firmato anche un patto di amicizia e vi è uno strutturato scambio culturale. Diverse scolaresche si scambiano le cortesie, per noi è importante rinnovare e mantenere le origini e il patrimonio di usi e costumi che rischiamo di perdere a suon di globalizzazione. Ad agevolare questo lavoro è il saldo legame con il Gruppo Flavio Vidonis, al quale ci lega un rapporto saldo e di reciproca fiducia.

Da quando è qui?
Io sono nato qui nel ‘47, i primi ad arrivare sono arrivati nel ’34. Qualche altro borgo magari prima, ma a Borgo Hermada il primo treno è arrivato il 6 novembre del 1934.

Dai racconti e dalle esperienze personali, sa dirmi se questa comunità abbia rappresentato un punto di approdo per gli esuli istriani e dalmati?
Per quanto riguarda tutto il tragico filone dell’esodo e delle foibe, questa comunità già strutturata non ha attirato quelle persone dalla straordinaria dignità e dal profondo senso del dovere. Finita la Seconda guerra mondiale, sappiamo quello che è successo e gli istriani e i dalmati. Migliaia di persone sono state portate giù, hanno cercato un po’ di collocarli in aree ben precise, lasciando poca libertà alla spontaneità dell’esodo. È per questa ragione, credo, che qui non siano arrivati molti esuli.

Come legge la doppia nomina di Gorizia e Nova Gorica a Capitale Europea della Cultura 2025?
Sono stato diverse volte a Gorizia, anche da giovane quando feci il militare. Ricordo che addirittura alcune aree del cimitero erano divise. Accolgo questa nomina con molta gioia, sono felice che, almeno idealmente, si tenda a riunificare con spirito di fratellanza pur mantenendo ciascuno le proprie identità. È il momento di lasciare alla storia gli errori e le violenze del passato. Significativa, in questo senso, l’immagine di qualche anno fa del nostro Presidente della Repubblica e di quello Sloveno, insieme per la costruzione di un nuovo cammino. Nel nostro piccolo portiamo avanti dei progetti che viaggiano in questa direzione, organizzando diverse attività che prevedono anche una rappresentanza slovena.

Ci sono ancora usanze e tradizioni che si tramandano di generazione in generazione?
Senza che veneti o ferraresi si offendano, qui hanno affondato maggiormente le loro radici i costumi friulani. L’esempio lampante è il fuoco di inizio anno, conosciuto come Pignarûl, tramandato ancora oggi, nel tempo, come il fuocheraccio della befana. Poi, certamente, l’amore per il mondo contadino, il vino e per l’allegria, scorre nelle vene di ciascuno di noi, a prescindere dalla provenienza. Diffuse, nelle comunità venetopontine, anche diverse testate giornalistiche che trasmettono in tutta la pianura la voce di tutti noi.

A proposito di generazioni, i giovani sentono ancora questo legame con le proprie origini?
Con il passare del tempo, purtroppo, le tradizioni si perdono. Io ho la fortuna di aver sposato una donna che, oltre a sopportarmi, essendo friulana mi permette di parlare in friulano. I miei figli, per esempio, lo capiscono ma è una cosa che le nuove generazioni non fanno. In ogni caso, credo che l’incontro tra i nostri padri e le persone che abitavano le aree circostanti abbia arricchito il tessuto sociale e culturale della zona, creando un contesto unico nel suo genere, caratterizzato dalla cultura del lavoro. Un sentito ringraziamento va a: Oreste Panista, Renato Ventoruzzo, Francesco Persiani, Brunone Moro, Pietro Pompeo, Massimo Persiani, Aldo Mazzocchi, Dino Serafino, Isidoro Carnello, Roberto Voncini e Graziano Ambrosi.


Last modified: Marzo 13, 2025